Fervono i preparativi che porteranno nei giorni precedenti e successivi al 17 maggio, giornata internazionale contro la violenza dell’omo-transfobia, parrocchie cattoliche e chiese evangeliche, gruppi di cristiani omosessuali e credenti di buona volontà, italiani e di tutta Europa, a vegliare insieme in preghiera per le vittime della violenza dell’omo-transfobia con le parole del salmo 139 che ci ricorda che Dio ci ha creati “tutti come un prodigio” perché nessuno può arrogarsi il diritto di escludere o uccidere nel suo nome “insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Marco 7,1-13).
I volontari del progetto Gionata, in attesa del 17 maggio, hanno chiesto ad alcuni testimoni del nostro tempo di aiutarci a riflettere sul perchè oggi è importante “vegliare contro la violenza dell’omo-transfobia”.
Ha raccolto il nostro invito Donata Testa, scrittrice e madre torinese, che scrive “Girando le città per le presentazioni del mio piccolo libro “Sventola l’aquilone”(Edizioni SUI, 2013), che racconta il coming out di mio figlio e le mie inaspettate difficoltà nell’accettarlo, ho avuto la fortuna terribile di vedere e abbracciare il dolore di uomini e donne di ogni età, di chi si è dichiarato, di chi non lo fa, di chi non è accettato perché si sta trasformando. Ho conosciuto tante persone con la sofferenza messa sul palmo della mano, pronta per essere consegnata, prendila, ascoltami, sembrava mi dicessero. “Ai miei non lo posso dire, non voglio dar loro questo dolore.”;“Regalerò il libro a mia madre ma mio padre non capirà, non vuole capire” …; o al contrario “chi se ne frega della famiglia, abito lontano e mi faccio i fatti miei, e mi diverto” detto e buttato lì, con una certa spavalderia ma dentro la voce, mi ricordo bene, vibrava un suono metallico e duro, un muro d’acciaio tirato su per necessità; … E poi madri che nella notte mi hanno scritto di fretta, d’urgenza “ho letto d’un fiato e sono lì, ero lì con te, abbiamo attraversato lo stesso mare.”
E ho visto scivolare lacrime, essere lì, affacciate sul bordo delle ciglia, tante e da molti. Tutte quelle persone con le loro lacerazioni le ho percorse e mi hanno attraversata come una lunga cicatrice. Certe volte penso a quanto sarebbe più facile capirsi se fossero visibili le ferite interne di ciascuno, proveremmo pena, sono sicura, guardando lo spessore di tutte quegli innumerevoli segni, e forse si fermerebbe l’agire cieco, le male parole gettate a vanvera. Invece, nessuno intuisce, nessuno vuol davvero vedere ed essere ciechi ci assolve, ci rende indifferenti. Il dolore che l’altro ha attraversato non si vede, non c’è, inesistente, nullo; vanificato dall’assenza di traccia.
Invece no, e posso dirlo ad alta voce, urlarlo se necessario che c’è fatica e dolore, c’è malanno grave nel rifiuto familiare e sociale al riconoscimento delle differenti identità sessuali. C’è male profondo e profondamente ingiusto, ed è nostro compito, di noi persone tra le persone, riconoscere che è imprescindibile, improrogabile accogliere la preziosa diversità di ognuno e grazie a quella crescere tutti, tutti migliorare un po’…. Ammettere di sbagliare, di non essere capaci, di non sapere, di non conoscere e tacere sono passi importanti. Prediligere la vista e l’udito del cuore, è fondamentale“.
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Per il 9° anno consecutivo Veglie e culti domenicali faranno memoria delle vittime dell’omo-transfobia in parrocchie cattoliche e chiese evangeliche, da Palermo a Milano, da Siviglia ad Amsterdam, unendo così città e cammini di fede diversi. L’invito è a unirsi a queste comunità, per essere con loro luce di speranza nella nostra società, nelle nostre chiese, in Italia e nel mondo.
Un invito già rilanciato dal Progetto Gionata, dall’European Forum lgbt Christians Groups e dalla Commissione fede e omosessualità delle chiese Battiste, metodiste e Valdesi e da tante comunità cattoliche e evangeliche che lo hanno fatto loro. E tu cosa farai? Ti unirai a loro.