“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32)

Note omiletiche del pastore Jonathan Terino su Giovanni 8,32

31Poi Gesù disse a quei giudei che avevano creduto in lui: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente i miei discepoli; 32 e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”. 33 Gli risposero: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo stati mai schiavi di nessuno. Che cosa vuoi dire con la parola “sarete resi liberi?” 34 Gesù rispose loro: “In verità vi dico che chiunque commette peccato è schiavo del peccato. 35 Lo schiavo non ha un posto permanente nella casa; il figlio ha un posto là per sempre. 36 Perciò se il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi. (Giovanni 8,31-36)

Testi di accompagnamento:

2 Ricòrdati di tutto il cammino che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. 3 Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del SIGNORE. (Deuteronomio 8, 2 -3)

Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri; 14 poiché tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». […] 18 Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge. (Galati 5, 13 -14. 18)

La Libertà della casa

1) “Siamo discendenti di Abramo …”

Non sono soltanto i “giudei”, di cui si dice che “credettero” in Gesù, ad avere la presunzione di tracciare la loro discendenza passando per Abramo (v. 33) Noi tutti possiamo basare le nostre certezze sulla tradizione della nostra Chiesa di origine, sui valori più o meno plausibili tramandati dalla famiglia o della società. Questi convertiti si rivolgono a Gesù non tanto perché hanno compreso il suo messaggio e perché hanno fiducia in lui, quanto perché credono che Gesù risponda alle loro aspettative e che possa confermare la loro tradizione religiosa e il loro retaggio culturale e morale. I cristiani nel corso dei secoli hanno ripetuto e ripetono lo stesso errore, quando dicono di credere in Gesù perché egli sembra confermare le loro convinzioni, i loro privilegi e i loro pregiudizi. Non si sono in realtà messi in ascolto dell’Altro. A loro non è giunta alcuna Buona Notizia perché nelle loro orecchie risuonano soltanto le note della loro tradizione religiosa, delle loro opinioni consolidate, dei cosiddetti valori tramandati, anche quando basati sul libro sacro.

2) Schiavi al peccato

Ma siamo o non siamo discendenti di Abramo? Forse lo siamo. Ma quando abbiamo per riferimento un magistero di carne o di carta o un tradizionalismo legalistico per tracciare la nostra eredità, non possiamo più dirci discendenti nella linea di Sarah – ma solo in linea con Agar, nel senso inteso dall’apostolo Paolo nella lettera ai Galati (4, 21-31). Quando la “Legge”, cioè i comandamenti e le istruzioni dati nelle Scritture ebraiche e cristiane, le dottrine di qualsiasi Chiesa, o i nostri stessi diritti naturali o acquisiti vengono gelosamente custoditi ad esclusione dell’ascolto e dell’apertura del cuore, allora non siamo liberi. Incurvati o ripiegati su noi stessi, diventiamo succubi delle nostre difese e della nostra precomprensione della realtà, persone legate, come schiave, al peccato. Una tale schiavitù ci tiene in soggezione alle nostre concezioni limitate del mondo, ai nostri pregiudizi, e provoca paura e violenza, e una tale freddezza di cuore che non possiamo comprendere o percepire che cosa comporterebbe in realtà essere liberi, mentre ci illudiamo di esserlo. La libertà è un dono da ricevere,
non è una condizione naturale, innata. Non basta vantare una identità, uno stato, una origine, una discendenza, un orientamento o una appartenenza per essere liberi.

3) Nessun posto permanente

La tragedia ultima è che proprio nell’arroccarci sulle nostre sicurezze e sulla nostra prospettiva delle cose, ci escludiamo dall’intimità della casa, ci accontentiamo di essere dei servi, privati dell’eredità e di un posto di libertà e pienezza in compagnia dei figli, nel regno.

4) Cos’è il peccato?

Come scoprì Lutero, il “peccato” è egocentrismo; chi fa cose anche religiose incentrate su sé diventa schiavo di sé. L’amore può accadere solo quando si è liberi di non curarsi, quando non ci sono ulteriori motivi, come il voler essere salvati o il doversi conformare al costume. Il figlio appartiene alla famiglia per sempre; non deve compiacere per appartenere.

Abbiamo ereditato dalla filosofia esistenzialista e da molta letteratura del secolo scorso il motto: “Conoscerete la libertà e la libertà vi farà veri”. Ma Gesù unisce parola e verità, pane e libertà, e fa scaturire la libertà da questo svelamento del reale.

Non abbiamo motivo di vantarci, perché la nostra libertà e salvezza – la nostra identità – sono fondate sulla fede in Cristo, morto per i nostri peccati.

5) Quale verità?

L’obiettivo della Riforma Protestante è, come diceva Martin Lutero: “Liberare le coscienze e renderle certe mediante la fede”. Gesù ci ricorda che restiamo suoi discepoli se continuiamo a cogliere le sfide dell’Evangelo. Ogni tiranno che conosce la forza liberatrice della verità ha cercato di conservare il potere nascondendo la verità ai sudditi. Al contrario, la psicoterapia cerca di liberare i clienti assistendoli nello svelamento della verità personale. Accogliendo la parola di Gesù, conosciamo la realtà di Dio e di noi stessi ed è questa verità, cioè lo svelamento della realtà di Dio e di noi stessi, che ci rende liberi.

La verità è svelamento di sé e del mondo. Qualche anno fa c’era all’ingresso dell’università di Accra in Ghana uno striscione che annunciava: “La verità ti farà libero, ma prima ti farà arrabbiare molto”. La verità non è una formula religiosa da acquisire e mettersi in tasca, ma un processo, un doloroso confrontarsi con se stessi alla luce della parola di Cristo, ma mai da soli: si tratta di aprirsi all’amore di Dio rivelato in Gesù Cristo e solo da questa posizione, osiamo guardarci dentro. Il prezzo della libertà è la conoscenza della verità; la cerchiamo nella vita crudelmente stroncata di giovani ricercatori di giustizia, vogliamo la verità per loro; eppure, non la possiamo conoscere in astratto. Per questo, la domanda di Pilato al processo di Gesù “Che cosa è verità?”, non trova seguito, perché ignora la realtà umana, il volto umano, la verità umana. La conoscenza della verità implica sempre una vita in relazione che emerge dolorosamente dall’anonimato e dall’ambiguità per assumersi il peso e la responsabilità etica dell’esistenza. Non saremo liberi fin tanto che non affronteremo la verità su noi stessi. Si tratta di un “coming out”, un venire fuori, uno svelamento per vivere senza pretese e finzioni come figli e figlie nella Casa.

6) “Veramente liberi”

”Ma se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi veramente!” Noi ci tagliamo fuori dalla grazia e dalla pienezza di libertà quando rifiutiamo di ascoltare la Parola di Cristo. Come il fratello maggiore di una parabola, non riusciamo più a varcare la soglia. Ormai per entrare nella Casa dobbiamo avere una relazione con Qualcuno che vi abita e che ci invita dentro. Gesù, che conosce la via al cuore e alla Casa del Padre ci fa questa offerta – di certo ad un costo elevato per sé stesso, ma si tratta di un invito e di un’offerta che ci porta a Casa e vicino al Padre, dove siamo fino in fondo noi stessi.
La nostra libertà di figlie e figli di Dio ci sta sempre davanti, come dono, come promessa. Possiamo viverla soltanto insieme, nel confronto democratico e nella partecipazione alle discussioni, nel riconoscimento dell’alterità di chi ci interpella. Libertà è partecipazione, perché io non sono libero se tu non lo sei. Nel perseverare nell’ascolto della parola di Cristo, che è un processo continuo di svelamento della realtà su Dio, su noi stessi e sugli altri, la libertà scaturisce dal nostro interno come dono condiviso. La fedeltà alla realtà è il sale che ci preserva dalle mistificazioni, dall’entusiasmo superficiale, dalla pretesa di avere la verità o una ricetta per gli altri.

7) “Il Figlio ha un posto là per sempre”

Come coloro che sono stati invitati dentro, non ci aggrappiamo gelosamente ai vecchi stracci passati – la prospettiva che avevamo sul mondo e su noi stessi, ormai obsoleta; la tradizione; i valori “naturali” e “religiosi”, – perché ora li vediamo per quello che erano: gli strumenti della nostra oppressione e paura – della nostra schiavitù al peccato. No, siamo accolti come figli e figlie di Dio, come progenie dello stesso Padre celeste per mezzo del nostro Signore e fratello maggiore Gesù. La libertà che porta Gesù spezza le catene dell’asservimento alla convenzione, alla morale definita e prescritta da una chiesa particolare. Questa libertà si assume la responsabilità del mestiere di vivere, rinunciando allo sdoppiamento della persona, contesa tra la l’autorità della coscienza e le prescrizioni di una chiesa particolare. A testa alta la libertà rinuncia al politicamente corretto, alla finzione, alla menzogna. Allora ci troviamo davvero, come discendenti di Abramo, in linea fedele con la tradizione della promessa.

8) Continuare (Dimorare) nella Parola di Gesù

Un giorno saremo pienamente accolti a Casa. Ma per ora dobbiamo vivere per fede, come coloro che costruiscono le loro prospettive sul mondo con il grande quadro della tradizione della promessa, pur abitando in tende. Non facciamo il culto della libertà, ma respiriamo la libertà come dono di vita, dono di grazia. La libertà ci permette di guardare oltre noi stessi, per fondare la nostra identità in Cristo, non su una gentile concessione del Magistero o dello Stato. La famiglia di Dio è più grande delle nostre piccole barriere ecclesiastiche e morali. Dimorando nella casa più grande della Parola della promessa di Gesù, diventiamo parte integrante della Chiesa ecumenica nel mondo. Questo mondo – la terra abitata che Dio ha tanto amato – è il nostro luogo, il posto dove Dio desidera stabilire la sua dimora. E il Figlio ci invita a dimorare in lui, e con lui, nel Padre.